un’altra scia



ci sono cose che stanno al di là della vita. o di quello che noi consideriamo vita.
le releghiamo in un angolo, con il sacrosanto diritto di prenderle come ci pare, si buttano da qualche parte, se ne parla per poco, sottovoce, come fosse un trafiletto di cronaca, e poi le si lasciano continuare ad esistere chissà dove, in qualche sperduto angolo di memoria, come si mette un vecchio nell’ospizio, un omicida in gattabuia… buttati lì, fuori dalla visuale, finché non crepano.
eppure sono le cose che più c’accomunano e ci rendono umani. renderebbero più cristallina e reale, tangibile, la visione di questa esistenza che tanto ci ubriaca di nonsenso, col suo sapore vagabondo e crepuscolare… per chi si rifiuta di credere alle favole.
continuano le scie del dolore, più vicine o più lontane, ma sempre tremendamente sature e profonde. adesso persino sento il freddo meccanismo, abilmente manovrato, sensuale perché mortale. muove gli ingranaggi e ci rimango fracassato in mezzo mentre immagino un corpo che vola inerte sull’asfalto. d’improvviso, come potrebbe accadere ogni secondo, a chiunque. come una foto… e sullo sfondo le facce del resto del mondo, sfocate… mi chiedo dov’ero io in quel momento, dov’eravamo tutti? dove siamo?
vaneggiamenti, niente di più, ma altro non riesco a partorire stando in bilico tra depressione ed esaurimento nervoso, mentre un altro soffre di nuovo, altri vivono e sono felici. caos… solo caos… dentro e fuori…
cerca di farcela, amico.