Se vi fosse chiesto di determinare se sia più pericoloso un terrorista, un nemico dello stato o un comune delinquente, rispetto al vostro governo, sono certo che molti risponderebbero non correttamente.
“DEMOCIDIO” è un termine ripreso e ridefinito dal politologo R.J. Rummel che si riferisce a “l’omicidio di una persona (o di persone) da parte del loro governo, compreso il genocidio, il politicidio e l’omicidio di massa.”
Rummel ha coniato questo termine per includere molti tipi di omicidio da parte dei governi che non erano già inclusi in altre categorie.
Secondo Rummel, se dovessimo realmente fare i conti, numeri alla mano, molti rimarrebbero di sasso nello scoprire che il democidio ha superato la guerra come principale causa di morte non naturale del XX° Secolo.
In effetti, dal 1900 ad oggi, sono morte più persone per mano del loro stesso governo che in tutte le guerre messe insieme.
Nei suoi calcoli spiccano ovviamente i regimi dittatoriali degli ultimi 100 anni come quelli di Lenin e Stalin in Russia, Mao Tse Tung in Cina, Hitler in Germania, Pol Pot in Cambogia ecc., ma bisogna tenere conto anche di moltissimi piccoli e grandi genocidi avvenuti per motivi razziali o religiosi, e un’infinità di politicidi (omicidi avvenuti con l’unico scopo di zittire un’opposizione ideologico/politica).
Contando scrupolosamente tutte queste vittime, si arriva ad una cifra di 262 milioni di vittime per democidio nell’ultimo secolo. Le vittime di tutte le guerre degli ultimi 100 anni sono invece circa 44 milioni. Ciò significa che ci sono state sei volte più morti di cittadini per mano di persone che lavoravano per il loro stesso governo che per mano di nemici.
Da questo conteggio però, mancano, a mio avviso, parecchie vittime.
Se non bastasse il buonsenso, leggiamo un estratto del resoconto della commissione delle Nazioni Unite sulla Sicurezza degli esseri umani:
Sicurezza significa proteggere le libertà fondamentali. Significa proteggere le persone dalle più diffuse minacce e situazioni critiche e pervasive, facendo leva sui loro punti di forza e le loro aspirazioni. Significa anche che la creazione di sistemi che siano in grado di dare alla gente la base su cui edificare la propria sopravvivenza, la dignità e la vita. Per fare questo, si propongono due strategie generali: protezione e valorizzazione. La prima protegge le persone dai pericoli. La seconda permette alle persone di sviluppare le proprie potenzialità e diventare partecipanti a pieno titolo del processo decisionale.
Leggendo queste sagge parole, è evidente quanto in realtà siano completamente disattese. I governi non garantiscono la sicurezza dei propri cittadini, né se guardiamo ai numeri evidenziati da Rummel, né se consideriamo quanto ogni giorno quella “protezione” e “valorizzazione”, piuttosto che essere garantite, vengono portate via alla gente.
Negli stati uniti, solo dall’11/09/2001 sono stati uccisi 5000 civili dalle forze di polizia. Più di quanti soldati siano morti per mano dei terroristi. Molte di queste uccisioni sono avvenute durante dei raid “no-knock”, ovvero nei casi in cui la polizia ha l’autorizzazione ad entrare in una proprietà privata senza prima avvertire i proprietari: gli agenti possono entrare sfondando la porta e solo successivamente identificarsi. Questa è una procedura che dovrebbe essere usata solo in casi estremi, eppure questi “casi” sono aumentati del 4000% dagli anni ’80 ad oggi. La stessa cosa è avvenuta per i raid della SWAT: un incremento del 1400% dagli anni ’80 ad oggi.
Questo è un diretto effetto delle strangolanti leggi anti-terrorismo (come il Patriot Act) che sono state varate negli ultimi 10-15 anni. Leggi che sulla carta dovrebbero proteggere i cittadini dalle minaccia dei terroristi, ma che in pratica nega loro molte libertà, mette a rischio la loro privacy e la loro stessa vita.
Molti degli stati occidentali stanno seguendo questa linea e si moltiplicano i casi di brutalità da parte delle forze dell’ordine. Ci stiamo muovendo verso stati di polizia, che trasformano le forze dell’ordine in forze di repressione.
Il recente passato in Europa ha visto susseguirsi governi (anche non eletti), che hanno preso decisioni vitali per i popoli senza alcuna consultazione, per poi reprimere ogni dissidenza, coi manganelli o con la propaganda. Continuiamo a vedere un accentramento del potere verso istituzioni sempre meno controllabili che sanciscono l’ormai palese fumosità della parola “democrazia”.
I risultati dello studio di Rummel affermano che più potere ha un governo, più si rischia di esserne uccisi.
Alla fine è proprio questo il concetto: è il potere ad uccidere e “stato” è una declinazione della parola “potere”. Forse la declinazione più pericolosa perché condivisa e accettata come indispensabile. Accettare uno stato significa accettare che si eserciti potere su di te.
Oltre a questo i governi oggi non sono più neanche la rappresentazione del volere popolare, sono succursali di poteri ben più forti, ben più intricati, sovranazionali. Poteri che sono molto più subdoli e dispotici di qualunque palese dittatura.
L’unica alternativa a tutto questo, a mio avviso, non sono certo leggi migliori, presidenti migliori o sistemi elettorali migliori. L’unica alternativa è quella di una globale presa di coscienza che ci renda immuni al potere, che ci permetta di arrivare a una maturità morale e sociale che ci porti ad essere governanti di noi stessi, senza alcun bisogno di padroni. In parole povere: Anarchia.
Non c’è libertà e sicurezza che non passi dalla distruzione del potere.
Finché l’uomo sfrutterà l’uomo, finché l’umanità sarà divisa in padroni e servi, non ci sarà né normalità né pace.
P.P. Pasolini.