conosco bene la differenza tra sentirsi deboli, apparire tali ed esserlo davvero.
credevo di dover fare i conti con me stesso… e li farò. ma forse
non solo nei modi e nei tempi che avevo in testa in questi giorni.
tu sei li con i tuoi mille cazzo di problemi, stai incollando una
tazza rotta, a cui tieni, con colla e tanta buona pazienza… il tutto
già reso difficile da altri avvenimenti che assolutamente non ti sei
cercato, altri che potevi evitare benissimo…
e sei lì ad incollare pezzo per pezzo questa tazza, perdendoci
tempo, vista, bile… e all’improvviso arriva di nuovo qualcosa,
qualcuno e tac, schiocca le dita e un braccio ti viene legato dietro la
schiena. tu senti o immagini di sentire una voce che dice “provaci
ora”.
non c’è mai limite a quanto ogni cosa possa diventar più complicata, persino impossibile.
ed io potrei essere ad un passo dal vedere (ironico usare questo
verbo) diventare tutto di una difficoltà disarmante, persino le cose
più semplici.
e quello che ho passato diventerebbe all’istante una bazzecola,
trasformando tutto in un gigantesco rimorso: perché non ho fatto quando
potevo?
a volte penso che la morte non sa un unico evento che tutti
incontriamo alla fine della nostra vita ma sia un qualcosa che
scontiamo in dure rate, giorno per giorno, vivendo.
ho una sensazione di totale smarrimento e paura… mi sento esausto.
ragionando per opposto capisco che le decisioni e la volontà non
sono mie il più delle volte ma sono figlie della realtà, di ciò che mi
capita, di stati di bisogno… e allora che senso ha il rimorso? avrei
dovuto fare delle cose solo perché potevo farle? non sarebbe anche in
quel caso essere marionette della realtà e della vita?
dov’è la vera volontà? dov’è il mio desiderio, la mia passione?…
difficile tentare di ricostruire quando s’attende un altro terremoto…
e così… meglio esser soli. meglio affogarci nella follia, nei
problemi, meglio in fretta senza gridare aiuto. se devo riempirmi i
polmoni d’acqua non elemosinerò qualche bolla d’aria, sarò solo io e
l’acqua che m’assale.
mi spiace non poter essere quello che volevo e, per una volta, mi spiace anche non poter essere ciò che volevate.
credevo di dover fare i conti con me stesso… e li farò. ma forse
non solo nei modi e nei tempi che avevo in testa in questi giorni.
tu sei li con i tuoi mille cazzo di problemi, stai incollando una
tazza rotta, a cui tieni, con colla e tanta buona pazienza… il tutto
già reso difficile da altri avvenimenti che assolutamente non ti sei
cercato, altri che potevi evitare benissimo…
e sei lì ad incollare pezzo per pezzo questa tazza, perdendoci
tempo, vista, bile… e all’improvviso arriva di nuovo qualcosa,
qualcuno e tac, schiocca le dita e un braccio ti viene legato dietro la
schiena. tu senti o immagini di sentire una voce che dice “provaci
ora”.
non c’è mai limite a quanto ogni cosa possa diventar più complicata, persino impossibile.
ed io potrei essere ad un passo dal vedere (ironico usare questo
verbo) diventare tutto di una difficoltà disarmante, persino le cose
più semplici.
e quello che ho passato diventerebbe all’istante una bazzecola,
trasformando tutto in un gigantesco rimorso: perché non ho fatto quando
potevo?
a volte penso che la morte non sa un unico evento che tutti
incontriamo alla fine della nostra vita ma sia un qualcosa che
scontiamo in dure rate, giorno per giorno, vivendo.
ho una sensazione di totale smarrimento e paura… mi sento esausto.
ragionando per opposto capisco che le decisioni e la volontà non
sono mie il più delle volte ma sono figlie della realtà, di ciò che mi
capita, di stati di bisogno… e allora che senso ha il rimorso? avrei
dovuto fare delle cose solo perché potevo farle? non sarebbe anche in
quel caso essere marionette della realtà e della vita?
dov’è la vera volontà? dov’è il mio desiderio, la mia passione?…
difficile tentare di ricostruire quando s’attende un altro terremoto…
e così… meglio esser soli. meglio affogarci nella follia, nei
problemi, meglio in fretta senza gridare aiuto. se devo riempirmi i
polmoni d’acqua non elemosinerò qualche bolla d’aria, sarò solo io e
l’acqua che m’assale.
mi spiace non poter essere quello che volevo e, per una volta, mi spiace anche non poter essere ciò che volevate.