intirizzito un uomo se ne stava, sul marcapiede della vita.
rintanato nel suo impermeabile color inverno, stava lì a guardarsi le mani nascoste nei guanti di pelle nera come i suoi grossi occhiali da sole.
un cappello un po’ particolare gli dava un’aria da far west mischiata a una spia russa degli anni ’30.
disegnava dei cerchi con il pollice sulle altre dita per giocare con qualche goccia di pioggia caduta dalle pesanti nuvole. passeggiava avanti e indietro…
il suono di qualche passo affrettato spunta dal vicolo e un uomo esile vestito di un marrone pesante quanto i suoi abiti, si avvcina… – "eccoti, finalmente!"
— "come sarebbe "finalmente"? io ero qui prima di te!" cacciandosi lentamente le mani nelle tasche.
– "non fare il pignolo come sempre, era solo un modo di dire…"
si alza una leggera brezza che porta l’odore dell’asfalto, delle strade semivuote, di una città che tenta di scrollarsi di dosso l’inverno senza riuscirci.
— "hm… dai racconta. novità?"
– "sì.. un bel casino… ci sono stati problemi… hanno perso i tuoi documenti!"
— "hm… e poi?"
– "come sarebbe "e poi"?"
un grosso camion passa lì vicino e il boato sordo e metallico sembra tuonare presagi non positivi.
— "si… dico, c’è altro?"
– "ma porca puttana non ti sembra abbastanza? lo sai che siamo nella merda ora? senza quei documenti sei fottuto, al primo controllo che becchi ti ributtano dentro, lo sai, e non ci sarà un’altra occasione!
— "poco male, amico, mi dispiace se molti di voi si sono spaccati il culo per quei documenti" con una mano toglie il cappello e passa l’altra tra i capelli scuri "ma devo dirti che sono contento che siano stati smarriti!"
– "ma che cazzo vai dicendo? allora per cosa ti abbiamo fatto uscire da quel porcile?"
le voci riecheggiano nei vicoli umidi e vuoti, si perdono tra i cassonetti che vomitano rifiuti, pozzanghere scure e auto in sosta da un’eternità come bestie in letargo in attesa di una nuova coscienza.
— "giusta domanda… per cosa? per essere libero. e ho capito che portare quei documenti sarebbe stato fingere di nuovo, sarebbe stato stare al loro gioco. io voglio la libertà, quella che ho deciso io! con la mia faccia, i miei pensieri, il mio fottuto nome e, cazzo, anche tutto quello che fa girare le palle a quei maledetti!"
– "non hai idea di quello che stai dicendo…" si porta le mani al viso "rimarrai solo, ti renderanno la vita un inferno…"
— "ma sarà la vita che ho scelto di vivere e non quella che mi hanno imposto." appoggia una mano sulla spalla dell’altro "non ti disperare per me, credimi: è quello per cui abbiamo sempre lottato."
qualche istante di silenzio poi i due si stringono la mano, si abbracciano… e s’incamminano, ognuno per la propria strada, mentre il cielo ha deciso di non sopportare più il peso di così tante lacrime ed inizia a piovere.