Sì, tutte le vite contano ma…



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Il cartello della donna recita:
Sì, tutte le vite contano ma ora siamo concentrati sui neri, ok? Perché è evidente che il sistema giudiziario non ne è al corrente (che tutte le vite contano). In più, se non riesci a capire perché stiamo dicendo ‘le vite dei neri contano’, sei parte del problema.

Il cartello di questa donna denuncia perfettamente il meschino benaltrismo applicato quando si parla di diritti delle minoranze.

Attualmente in America stiamo assistendo a una escalation di brutalità da parte della polizia, in particolar modo contro la gente di colore. Ormai è cronaca quasi quotidiana leggere o vedere immagini di neri abusati dalla polizia se non addirittura uccisi senza motivo.

Da questo è nato il “Black Lives Matter” (le vite dei neri contano), un movimento che vuole gridare alla nazione che anche le vite delle persone di colore contano.
Ovviamente sotto il dilagare del benaltrismo militante che con affilata dialettica vuole spegnere il dissenso trasformandolo in un boomerang che torni al mittente, è stato coniato lo slogan opposto “All Lives Matter” (tutte le vite contano) come a suggerire che il Black Lives Matter sia una forma di razzismo e di superiorità dei neri sui bianchi.

Ora immaginiamo questo scenario: alle persone che hanno i capelli biondi non viene più dato venduto cibo. Si forma un movimento di protesta che usa come slogan “I Biondi devono mangiare”. Mi sembra logico: sono loro ad essere nella merda rispetto agli altri. Per tutta risposta si crea un movimento opposto che li accusa di volere tutto il cibo per loro, usando il motto “Tutti devono mangiare”. Ovviamente tra questi c’è anche chi ha 3 pasti caldi al giorno e magari è obeso, ma si prende la libertà di accusare i Biondi di volersi prendere il loro cibo.

Purtroppo questo modus operandi è molto comune, non solo negli USA e non solo riguardo la razza.

Io sono il primo a dire e credere fermamente che tutti abbiamo lo stesso diritto di essere felici e le distinzioni che ci dividono sono insignificanti rispetto a quelle che ci uniscono. Anche la razza stessa non è qualcosa di cui andare fieri od orgogliosi, così come la nazionalità, la classe sociale, il genere o altro: sono cose con cui sei nato per caso e per cui non hai nessun merito, anzi, sono distinzioni che il potere ha esacerbato con mezzucci politici ed ideologici per dividerci e farci ammazzare. Vedere il mondo diviso e in lotta per queste cose significa che non ci vediamo come esseri umani e siamo separati.

Proprio per questo sono io il primo a dire “All Lives Matter”, ma quando siamo davanti ad una discriminazione basata proprio su uno di quei cardini, allora si devono anche riconoscere lotte di “classe” nel loro contesto e supportarle. Nel contempo bisogna anche combattere l’ipocrisia di una società che su quelle differenze ci ha basato un impero, ma che appena vengono usate per discriminare qualcuno, improvvisamente siamo tutti uguali e valiamo allo stesso modo, cercando quindi di delegittimare ideologicamente le lotte di “classe”.

E’ facile sfruttare qualcuno, ad esempio per raggiungere un obiettivo, riconoscere poi di averlo sfruttato e dirgli “scusa ora siamo pari”. Beh no, non siamo pari, almeno finché l’essersi avvantaggiato del primo continua a gravare sulla pelle dell’altro (come ho già spiegato in questa vignetta).

razzismo al contrario

Sono d’accordo con la signora della foto: se non capiamo queste sfumature, siamo tragicamente parte del problema.