Rapina e controllo finanziario



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Con l’avanzamento tecnologico, la produttività è aumentata vertiginosamente. Un lavoratore oggi può produrre circa tre-quattro volte quello ciò che poteva produrre un lavoratore degli anni ‘50. Di conseguenza, anche la quantità di valore immessa sul mercato da ogni lavoratore è aumentata di pari passo.

Tecnicamente e logicamente, si dovrebbe pensare che, parimenti, anche lo stipendio medio dei lavoratori sia cresciuto: più valore genero, più dovrei essere pagato, garantendo a me di poter accedere ai beni e servizi che il mercato offre. Questo è stato parzialmente vero fino agli anni ‘70 circa, poi gli stipendi hanno iniziato a crescere decisamente meno rispetto alla produttività. In alcuni paesi gli stipendi sono cresciuti pochissimo o non sono cresciuti affatto e, in altri come l’Italia, stanno persino diminuendo.
 
Questo significa che esiste un divario sempre più grande tra salari e valore generato da chi li percepisce. Dove finisce il valore economico rappresentato da questo divario? Invece di finire nelle tasche di chi lo genera (i lavoratori) questo è finito in gran parte alle grandi corporation e ai loro CEO che hanno visto incrementare stipendi e bonus senza precedenti, accumulando enormi capitali. Questo, a lungo andare, avrebbe potuto rappresentare un problema anche per le stesse aziende perché, se i lavoratori non hanno più potere di acquisto, come possono vendergli la merda che producono?
 
Qui entrano in gioco gli istituti di credito. I grandi capitali derivati da questa rapina vengono immessi dalle aziende in fondi di investimento e bancari, quindi gestiti da istituti di credito che poi prestano denaro ai lavoratori in modo che questi possano mantenere il loro livello di consumo mentre i salari rimangono al palo. Con questo giochetto, i ricchi possono pagare stipendi che sono una frazione infinitesimale del valore prodotto dai loro dipendenti e, allo stesso tempo, prestano denaro attraverso le banche ai lavoratori riscuotendo anche un interesse, ampliando ulteriormente il divario tra produttività e salari, lucrando su quanto già gli stanno rubando ma senza apparentemente ledere il potere di acquisto dei lavoratori che in realtà si è trasformato in debito costante.
In sintesi, la crescente produttività, piuttosto che tradursi in un aumento degli stipendi, si è trasformata in debito, creando un sistema sempre più iniquo, basato su una palese rapina e sul controllo finanziario della vita dei più.