eppure mi sento in colpa. di servirmi dell’arte e non di essere suo servo. di sentirmi vagamente, temporaneamente felice quando no, cazzo, a pensarci bene, a rendere i pensieri più assennati, più storici e coscienti, non è possibile!
mi guardo attorno di nuovo, la vista riempita dalle ombre e da tanti sentieri inutili, non scelti, tracciati da altri, voluti da altri, da altre cose che hanno generato bisogni diventati miei… ma che sento estranei, nonostante io li assecondi senza fiatare come un bravo soldato, sono dei trapianti ben riusciti ma con potenti e nascoste crisi di rigetto.
mi fermo, sto seduto su una roccia e ragiono.
capisco di nuovo che la salvezza dal vagare in eterno in questo labirinto costruito su di me non è imbroccare la strada giusta ma inventarmene una mia, razionale e saggia, che passi attraverso le mura, non ascolti i bisogni che mi hanno e mi sono tatuato addosso, ma segua solo la razionale e saggia voglia di salvarmi.
mi guardo attorno di nuovo, la vista riempita dalle ombre e da tanti sentieri inutili, non scelti, tracciati da altri, voluti da altri, da altre cose che hanno generato bisogni diventati miei… ma che sento estranei, nonostante io li assecondi senza fiatare come un bravo soldato, sono dei trapianti ben riusciti ma con potenti e nascoste crisi di rigetto.
mi fermo, sto seduto su una roccia e ragiono.
capisco di nuovo che la salvezza dal vagare in eterno in questo labirinto costruito su di me non è imbroccare la strada giusta ma inventarmene una mia, razionale e saggia, che passi attraverso le mura, non ascolti i bisogni che mi hanno e mi sono tatuato addosso, ma segua solo la razionale e saggia voglia di salvarmi.