prisma



dimmelo tu, stavolta, cos’è rimasto. mentre la mia “arte” è stata ancora frantumata, divorata,  ingoiata. come pezzi di carne lasciati cadere da un aereo nella vasca degli alligatori.
“sono sprecato”, “quello che amo è sprecato”: questo pensavo nell’egocentrica ubriachezza.
non pensavo a te perché eri lontana comunque. non pensavo, non speravo, non sapevo…
ma mi sbagliavo… anche se ancora non ho capito cosa.
capire è l’ultima delle priorità. sapere è importante, esserci. rendersi conto che non sono sempre fandonie le cose che ci circondano e a cui teniamo, perché t’ho guardato di nuovo attraverso e non è cambiato niente: non hai costruito niente intorno a te ed io amo e stimo questo spazio, questa trasparenza naturale che si rende profonda e colorata solo a guardarci dentro.
a volte persino mi dispiace che tutto debba sempre essere così profondo e romantico, perché non è sempre facile sopportarne i segni, ma è così che vivo, è così che il tuo colore imbratta le mie pareti, tra le quali io vivo mentre tu non ci sarai.
mi ritrovo a fissarle e scrivere.
vorrei anche leggere… ma so già cosa racconta il destino. pazienza, me ne faccio una ragione.
sembra finisca sempre tutto su un treno… ma sai cosa? il destino continua a scrivere quello che vuole, ma io so anche leggere tra le righe.
non c’è bisogno d’altro: mi basta aver dato un’altra sbirciata a ciò che sei e ancora più da vicino… “e sempre più lontano…” sì, sì, lo so… comunque adoro i tuoi calzini!