Un articolo del quale non condivido ogni sillaba, ma che c’entra perfettamente il problema di fondo che si finge di non comprendere per comodità e ignoranza (di molti) e per convenienza (di pochi)
fonte: http://utopiarazionale.blogspot.it
Per ottenere una rivoluzione bisogna essere disposti a rimettere in discussione ogni aspetto della società, senza alcuna limitazione, abbandonando definitivamente il deleterio atteggiamento acritico-fideistico tipico delle religioni, in luogo di un sano approccio scettico-razionale comunemente usato dalla scienza, al fine di ricercare e diffondere in modo ostinato la verità.
Ovvero: come risolvere il problema della disoccupazione con due semplici mosse.
Se vi chiedessi di esporre la miglior soluzione per risolvere l’attuale crisi economica, quasi certamente mi rispondereste che bisognerebbe far crescere l’economia in modo da creare lavoro, risolvendo così il problema della disoccupazione. A quel punto i consumi ripartirebbero e il sistema economico si rimetterebbe in moto.
Bene, se la pensate in questo modo iniziate a preoccuparvi: i mass-media hanno fatto un ottimo lavoro su di voi, avete imparato in maniera ineccepibile quello che dovevate imparare, pensate esattamente ciò che dovete pensare e ripetete a pappagallo la presunta verità utile al potere.
Vi assicuro che esiste almeno una soluzione di gran lunga migliore. Come faccio ad esserne sicuro?
Semplice, perché quella appena illustrata è la soluzione di cui abbisogna il capitale, la classica idea diffusa da Ballarò per intenderci, e dal momento che il capitale trae vantaggio dallo sfruttamento indiscriminato di esseri umani e di risorse, io già intuisco che quella di certo non può essere la soluzione ottimale, perché i capitalisti non guardano al benessere collettivo ma al loro egoistico interesse.
Non c’è bisogno di creare più lavoro, di lavoro ce n’è anche troppo, solo che è mal ripartito. C’è chi lavora 10 ore al giorno sabato incluso e chi è disoccupato.
Non bisogna rilanciare ulteriormente i consumi, perché è evidente che stiamo già iper-consumando. L’ecosistema non ne può più del nostro stile di vita e inizia amorevolmente ad inviarci dei segnali che dovrebbero farci intuire che non è più il caso di continuare così. Non abbiamo bisogno di più beni che durano sempre di meno, ma di un minor numero di oggetti che però siano di qualità più elevata.
Al netto di queste belle parole però, la disoccupazione resta. E allora, che fare?
Veniamo al dunque: per eliminare la disoccupazione è sufficiente ridurre l’orario di lavoro senza diminuire gli stipendi, finanziando l’operazione con una semplice manovra redistributiva.
Ora immaginate per un attimo che cosa accadrebbe se tutti tornassero ad avere un lavoro con un orario ridotto e con un livello di retribuzione invariato?
Semplice, finirebbe la crisi, le persone avrebbero più tempo per vivere la vita e i mass-media potrebbero tornare a dedicare maggior spazio a tutte le stupidaggini che desiderano, come la cronaca, il calciomercato o il gossip, continuando a distrarre e ad anestetizzare la massa così come hanno sempre fatto.
Lo so a cosa state pensando… lo so perfettamente! Che non ci sono i soldi per una simile manovra economica, e che quindi sia impossibile mantenere la retribuzione invariata…
Vi leggo nella mente perché anche io sono quotidianamente indottrinato dal sistema, ma vivendo nella consapevolezza di questo fatto, cerco di andare oltre e mi chiedo: da dove prendiamo quei soldi?
Anche in questo caso, per quanto intendano farvi credere il contrario, le risposte sono almeno 2.
La prima, è che il denaro è semplicemente un segno contabile memorizzato all’interno di qualche server di una banca, che viene creato dal nulla e a costo zero. Quindi dire che non ci sono i soldi è una pura assurdità. I soldi ci sono, sono virtualmente infiniti e costano zero.
Guarda caso quando c’è da fare una guerra, o da rifinanziare il sistema bancario che è fallito, come per magia i soldi spuntano sempre fuori e chissà come mai invece, quando si stratta di migliorare le condizioni di vita degli esseri umani no!
La seconda, è che il PIL pro-capite in Italia è di 23.000€ all’anno circa (nonostante la crisi). Pro-capite sigifica per ogni individuo: neonati, bambini, adolescenti, studenti universitari, disoccupati, occupati e pensionati inclusi.
In linea teorica ogni italiano potrebbe disporre di 23.000€ all’anno a testa. Così facendo una famiglia composta da padre, madre e 2 figli avrebbe un reddito di 92.000€ all’anno! Mica male!
Oh perbacco, allora i soldi ci sono!?! Certo, e anche se non ci fossero potremmo sempre crearli dal nulla a costo zero, se solo i politici, che notoriamente stanno dalla parte del popolo, non avessero ceduto la sovranità monetaria alle banche private!
Ma se questi soldi sono in circolo, perché esiste la povertà? E’ semplicissimo, perché invece di suddividere la ricchezza che siamo in grado di produrre in parti uguali, c’è chi ne accumula avidamente in eccesso dalla media.
La matematica ci dice che per ogni individuo che ha ricchezza sopra la media, devono essercene altri che ne hanno al disotto, altrimenti i conti non tornerebbero!
Che ci volete fare, a forza di guardare la Tv vi siete convinti che sia giusto che ci siano delle persone ricche, perché sono meritevoli, sono stati bravi, furbi, belli… ma purtroppo vi siete dimenticati che in una società capitalistica all’opulenza di pochi corrisponde il malessere di molti, perlomeno fin quando non tocca a voi scendere sotto la media e di trasformarvi in poveri.
Allora chiediamoci: com’è allocata la ricchezza in Italia? Ce lo dice Bankitalia: il 10% delle famiglie più ricche possiede il 46,6% delle ricchezza netta familiare totale. (Fonte: indagine sui bilanci delle famiglie italiane nel 2012 della Banca d’Italia)
E nel mondo va ancora peggio: nel 2016 l’1% della popolazione sarà più ricco del restante 99%, stando a quanto recentemente dichiarato da Oxfam.
Bene, ma se l’1% della popolazione mondiale detiene il 50% della ricchezza totale, questo significa che il restante 99% potrebbe raddoppiare la propria ricchezza se solo quell’eccesso di accumulazione venisse redistribuito. E già avete capito bene raddoppiare!
Ma noi per risolvere la crisi in Italia non dobbiamo mica raddoppiare la nostra ricchezza! Abbiamo bisogno di diminuire l’orario di lavoro e riportare gli stipendi al livello precedente, integrando la diminuzione con una manovra finanziata prelevando ricchezza da chi ne ha in eccesso.
Se immaginiamo di diminuire l’orario di 1 ora al giorno, il nostro stipendio non verrà di certo dimezzato, ma diminuirà del 12,5% . Se invece volessimo ridurlo di 2 ore al giorno, calerebbe di un 25%, nel caso di un calo di 3 ore, ci sarebbe un ammanco del 37.5%.
Qualche tempo fa, mi sono divertito a stimare nel modo più semplice possibile, di quanto sarebbe dovuto diminuire l’orario per eliminare la disoccupazione, ipotizzando di assumere qualche dipendente pubblico per compensare l’ammanco di lavoro dovuto alla diminuzione del loro orario. Ho anche cercato di stimare i costi totali che trovate qui.
Quello che ho scoperto è che per risolvere la disoccupazione in Italia (12,6%) è sufficiente lavorare 1h al giorno in meno, e che il costo per integrare i redditi dei lavoratori (in modo da non farli diminuire) ed assumere 500 mila nuovi dipendenti pubblici (per offrire il medesimo numero di ore di servizi pubblici), è di circa 70 miliardi di euro all’anno.
70 miliardi sono veramente bazzecole per una manovra che garantirebbe la piena occupazione con effetti straordinari sull’intera economia italiana e, cosa ben più importante, sulla felicità di 60 milioni di persone.
Quel valore potrà essere certamente ricalcolato in modo più accurato di come ho fatto, ma come dicono i fisici dato l’ordine di grandezza ottenuto, comprendiamo che è realmente possibile eliminare la disoccupazione diminuendo l’orario di lavoro, pur mantenendo invariati i livelli di retribuzione.
Ora è chiaro che non abbiamo bisogno di “più lavoro”, al contrario, visti gli eccessi consumistici e le innumerevoli apparecchiature soggette ad obsolescenza programmata, nell’odierna società di lavoro ce n’è addirittura in eccesso e anche di consumo.
Le due cose sono correlate: più consumiamo e più dobbiamo lavorare, ma più consumiamo più inquiniamo; più lavoriamo e meno tempo abbiamo per vivere; più lavoriamo e più inquiniamo, più ci ammaliamo, peggiorando drasticamente le nostre condizioni di vita.
Che strano, ancora una volta tutto il contrario di quello che ci dicono i massmediologhi!
Alla Tv ci dicono che il lavoro nobilita l’uomo e che il lavoro è salutare, che lo scopo è di garantire un bel lavoro a tempo pieno a tutto il popolo, per gli uomini le donne e anche per i ragazzi, che ovviamente potrebbero lavorare d’estate durante le vacanze!
Una palese follia sociale, figlia di qualche mente malata di profitto, che non guarda minimamente al benessere degli esseri umani.
Se invece eliminassimo l’iper-consumo, ad esempio sostituendo tutti i beni scadenti e soggetti a obsolescenza con altri durevoli e di elevata qualità (nel medio-lungo periodo) di lavoro ce ne sarebbe di meno, pur avendo in produzione tutti i beni di cui abbiamo bisogno.
Tutto ciò si tradurrebbe in un minor lavoro ed in un minor inquinamento ambientale, quindi in maggior tempo libero per vivere la vita e in una ritrovata salute fisica. Mica male?
Se poi consideriamo il fatto che le macchine andranno a sostituire sempre di più gli esseri umani nel mondo del lavoro, comprendiamo ancor meglio che di lavoro ce ne sarà sempre di meno (per nostra fortuna)!
Ma questo non è un problema, ve l’assicuro! Piuttosto direi che è una benedizione!
Il vero problema non è il lavoro che manca o quello che mancherà, ma è la più totale inefficacia ed incapacità del sistema economico attuale di cogliere le opportunità che si prospettano per il nostro futuro, e che potrebbero elevare gli esseri umani a una condizione di abbondanza, di benessere e di libertà inimmaginabili fino a pochi decenni fa.
Infatti se i beni ci sono, perché vengono prodotti dalle macchine, ma non c’è il lavoro, dov’è il problema?
Direte, ma così restiamo senza lavoro, ecco dov’è il problema. Certo, con le folli regole attuali questo è vero, ma non esiste mica solo questo tipo di economia!
Anche in questo caso ci sono più soluzioni per far tornare tutti al lavoro, e permettere comunque a quei lavoratori di avere l’accesso ai beni ed ai servizi di cui hanno bisogno, e che sono fisicamente disponibili.
Lo ripeto, il problema non è nel lavoro che diminuisce, ma nella visione socio-economica nei confronti del lavoro, che è una vetusta impostazione ottocentesca e che evidentemente non è più in grado di stare al passo con i tempi. Basta cambiarla, fine dei problemi.
Ma di questo parleremo nei prossimi post, ora abbiamo un’impellente necessita:
dobbiamo adoperarci in prima persona affinché l’orario di lavoro venga diminuito mantenendo gli stipendi invariati, attuando una doverosa manovra di redistribuzione della ricchezza esistente.