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Si dice di solito che in una democrazia il governo sia la rappresentazione della volontà popolare espressa attraverso il voto e quindi la delega. Praticamente deleghiamo a pochi individui il diritto di governarci in nostra vece e questo processo affonda le sue solide radici nel diritto. La fonte dell’autorità del governo deriva dal popolo.
Nonostante ciò, guardando onestamente la realtà dei fatti, vediamo che questo sistema di cose, seppur ovviamente migliore di altri come può essere una dittatura, non dà come risultato quello che nelle sue premesse sembrerebbe garantire: difficilmente si potrebbe dimostrare che le azioni dei governi rappresentino davvero la volontà popolare.
La giustificazione che di solito si dà a questa evidente discrepanza è che non è il sistema ad essere sbagliato ma solo le persone che lo gestiscono e quindi si può agire per migliorarlo attraverso il voto. Perciò la questione giuridica, ideologica e funzionale su cui si fonda la democrazia non viene mai messa in discussione e rimane la base su cui si erge e si giustifica l’istituzione statale. Diamo un’occhiata più da vicino quindi all’aspetto giuridico su cui si fonda il diritto dello stato a governare e da cui dipendono poi gli aspetti ideologici e funzionali.
Se noi chiedessimo a chiunque, da un netturbino al presidente della repubblica, se il potere e l’autorità del governo derivi dal popolo, tutti risponderebbero all’unisono dicendo “sì”.
Adesso chiedo: Può un cittadino commettere violenza contro un altro cittadino?
Secondo la legge no, non ha quel diritto. E moralmente, anche se non vi fosse alcuna legge, gran parte di noi, se non tutti, converrebbero nel confermare che commettere atti di violenza è sbagliato.
Appurato questo, legalmente parlando, poniamoci un altro quesito: è possibile delegare un diritto di cui non si gode?
Faccio un esempio: io ovviamente non posso usare l’auto di un estraneo senza il suo consenso, perché non ne ho il diritto e quindi sarebbe un furto. Giusto? Bene, allo stesso modo potrei delegare l’uso di quel veicolo a qualcun altro? Evidentemente no perché non avendo io per primo quel diritto, come posso delegarlo? L’unico che può delegare l’uso del veicolo è il proprietario perché possiede il diritto di usare quel veicolo. Tutto ciò non ha solo una solida base giuridica, ma ha anche perfettamente senso a livello logico per la maggior parte di tutti noi.
Allora se il potere e l’autorità del governo derivano dal popolo e il popolo non ha, ad esempio, il diritto né l’autorità di commettere violenza contro altri, come può il governo recepire dal popolo quel diritto e quell’autorità ed esercitarlo ad esempio attraverso una guerra?
Ovviamente si pensa che lo stato commetta violenza al solo fine di difendere i cittadini, quindi un’azione forse paragonabile alla legittima difesa di un singolo individuo, ma è chiaro che nessun cittadino potrebbe mai puntare un’arma contro un “sospetto” obbligandolo ad obbedire ai suoi ordini, tantomeno può imbracciare un’arma, andare in un altro paese e uccidere uno straniero solo perché percepisce che quel paese sia una minaccia.
E questo è solo un esempio.
Pensiamo al prelevare forzosamente del denaro da qualcuno: nel caso fosse un cittadino a compiere quest’azione, si tratterebbe di un reato: estorsione o furto. Nel caso in cui è il governo a compierla si chiamano tasse. Poco importa il fine di questo prelievo, perché altrettanto illecito a livello legale e assurdo a livello etico e logico sarebbe se io prelevassi forzosamente del denaro a qualcuno anche se fosse per fargli un regalo.
Questa duplice e opposta considerazione di uno stesso atto avviene anche per il controllo, la sanzione, la perquisizione, la requisizione: nessun cittadino infatti può intercettare, multare, controllare o rinchiudere nessun altro. Il governo sì.
Quindi in realtà il governo esercita un’autorità e moltissimi diritti che i cittadini non possono esercitare dimostrando che le peculiarità ed attività dello stato nonché la sua stessa autorità, giuridicamente, logicamente e funzionalmente, NON derivano affatto dal popolo che evidentemente non può delegare a qualcuno il diritto né l’autorità di commettere azioni che lui stesso non può commettere.
Di fatto perciò persino le basi giuridiche su cui si fonda lo stato non sono chiare perché si basano su una assurdità che è in antitesi alle basi del diritto stesso oltre in antitesi alla logica e il buonsenso.
L’unica cosa che fa sembrare invece la questione lecita, normale ed ovvia ai nostri occhi è che la parola “governo” suona nelle nostre teste diversamente da quello che realmente è. Tutto ciò che ha bisogno di finzione per esistere (sia esso nell’ambito del diritto, della religione, della tradizione, ecc.), necessita di un processo di associazione a determinate caratteristiche che gli permettano di consolidarsi in un certo modo nell’immaginario collettivo. Il governo infatti, oltre a beneficiare della favola per cui la sua autorità derivi dal popolo (cosa che ho dimostrato essere falsa), è stato associato alla caratteristica arbitraria dell’essere necessario, dell’essere buono e utile alla collettività.
Eppure deleghereste mai ad un gruppo di sconosciuti il controllo del vostro condominio concedendogli il permesso di commettere violenza contro chi non obbedisce alle regole che essi stessi scrivono, l’autorità di prelevare soldi da voi coercitivamente per poi reinvestirli secondo i progetti che loro hanno scelto per voi? Beh sono sicuro che nessuno farebbe una cosa simile. E di certo, anche volendo, sarebbe impossibile farlo perché dal punto di vista del diritto sarebbe, guarda caso, illegale. In effetti se ci pensiamo esistono molte analogie con l’attività delle associazioni mafiose. Questo ovviamente a prescindere dall’eventualità che quelle persone possano essere scelte o meno attraverso un processo elettivo, del resto la mafia non diventerebbe legale e utile se avessimo la possibilità di scegliere chi fa parte e chi non fa parte del clan.
Quanto descritto però diventa accettato quando quel gruppo di persone si chiama “governo”.
Ecco che il significato di quella parola, costruito artificiosamente nell’immaginario collettivo al pari di un personaggio di fantasia, giustifica ciò che in realtà è ingiustificabile dal punto di vista etico, morale e persino giuridico ovvero la delega di diritti di cui non si dispone e che, una volta capito l’inganno, non è più possibile chiamare “delega”: piuttosto sarebbe corretto definirla come la concessione di nuovi privilegi, nuovi poteri e nuova autorità a una stretta cerchia di persone scelte attraverso dei meccanismi elettorali. Di fatto il nostro voto serve esclusivamente da benzina agli ingranaggi della macchina elettorale che finirà per scegliere le persone che faranno parte di quella cerchia e quindi a garantire la nascita del personaggio di fantasia chiamato governo. Il voto non determina né la diretta scelta di quelle persone né tantomeno la scelta delle azioni che quelle persone potranno o non potranno compiere.
E’ assurdo pensare che il governo continui a rappresentare per molti un padre protettivo e magnanimo che ci difende dai soprusi e dalla malvagità dell’uomo, quando in realtà è esattamente l’opposto.
Infatti parafrasando qualcuno viene da chiedersi “se un uomo ha bisogno di un governo perché non è in grado di autogovernarsi, come può essere in grado di scegliere un altro uomo che dovrebbero essere a sua volta in grado di governarne milioni?”
E citando me stesso: “La paura di subire angherie e violenze da parte di gruppi di potere coercitivi ha portato la civiltà alla scelta idiota di difendersene legalizzando il monopolio di uno di questi gruppi dandogli il nome di governo”.
Il governo e gli stati sono una finzione giuridica basata su un nonsense giuridico. Questi soggetti istituzionali non sono e non possono essere considerati mandatari delegati dei diritti del popolo perché le loro funzioni ed azioni esulano dalle prerogative e dai diritti dei singoli cittadini.
Lo stato ed i governi sono semplicemente il risultato illogico e criminogeno dell’accettazione del potere e dell’abdicazione del singolo al governo di se stesso, la summa e l’incarnazione dell’atto che più di tutti determina la deresponsabilizzazione dell’individuo e quindi disinteresse verso la società, verso la verità e verso se stessi.
Questo processo in psicologia sociale viene chiamato eteronomia, ovvero una condizione in cui le azioni del singolo non dipendono dalla propria volontà, morale, etica e ragione, ma derivano da un entità esterna a cui poi si attribuiscono la colpa e la responsabilità di quelle azioni sollevando di conseguenza se stessi. Quando si perde la responsabilità delle proprie azioni e si agisce secondo autorità si creano le condizioni più pericolose e dannose per la società. Condizioni che hanno infatti dato vita ai crimini più gravi che siano mai stati compiuti come guerre e genocidi.
Non ci sarà mai pace né fine alla criminalità finché ognuno di noi non comincerà a sentirsi di nuovo responsabile delle proprie azioni e senta su di sé il diritto e dovere di agire liberamente su se stesso scegliendo il proprio destino e quindi quello del mondo intero.