Salve a tutti,
Oggi volevo raccontarvi una storia. Una specie di parabola.
C’era una volta un demone che, in cambio dell’anima, offriva alle persone il realizzarsi di un loro desiderio. La gente si rivolgeva a lui per chiedere qualsiasi beneficio personale. Soldi, potere, oggetti di lusso… Il demone era furbo però, e imbrogliava le persone: si prendeva la loro anima, ma riusciva sempre a trovare un inganno per non realizzare i loro desideri.
C’era solo un uomo che non era caduto nella trappola. Un uomo onesto, retto, i cui principi non gli facevano nemmeno fatto prendere in considerazione l’ottenere un guadagno, un beneficio, grazie all’aiuto di un demone. Nonostante svariati tentativi, lusinghe e insistenze infatti, il demone non era mai riuscito ad ammaliarlo con le sue promesse.
Così andò avanti per molti anni, finché il mondo non divenne un inferno a causa delle promesse non mantenute del demone: le persone erano deluse, si erano incattivite, avevano perso la speranza, si odiavano a vicenda e tutto il pianeta era un teatro di guerra.
Questa situazione spinse l’uomo retto a considerare di poter lasciare da parte i suoi principi e fare un’eccezione: forse poteva usare il demone non per ottenere qualcosa per sé, ma per tutto il mondo.
Essendo anche un uomo saggio e intelligente, conosceva la truffa alla base dell’accordo con il demone e sapeva che questi non sopportava il fatto che lui fosse l’unico a non essere caduto nella sua trappola e quindi, pur di ottenere anche la sua anima, forse sarebbe sceso a compromessi.
Quando l’uomo retto se lo trovò davanti per l’ennesima volta gli confermò la sua volontà di chiedere un desiderio ma pose una clausola perentoria: il demone doveva effettivamente far sì che quel desiderio si realizzasse altrimenti non avrebbe avuto la sua anima.
Con questa certezza in tasca, l’uomo retto pensò che mettere in gioco la propria anima e propri principi potesse valere la realizzazione di un desiderio per il mondo intero, anche se attraverso le azioni di un demone. Così si sacrificò e chiese la pace. La pace per tutto il mondo. E il demone non poté far altro che esaudire quel desidero… così fece estinguere il genere umano.
Il demone aveva rispettato la clausola: adesso c’era veramente pace nel mondo, ma di certo non era quello che l’uomo retto avrebbe voluto. E perse l’anima anche lui. Così, per niente. Fine.
Ora, che cosa ci dice questa storia? Ci dice che non esiste quello che si definisce “un male minore”. Alla fine è sempre male.
Ci dice che i compromessi col potere non funzionano perché non esiste un potere buono.
Non ci sarà mai una convergenza d’ideali finché non ci sarà una VERA convergenza di ideali. Non si può raggiungere un obiettivo alleandosi con qualcuno che non vuole la stessa cosa.
Non si usa il potere, è sempre il potere ad usare chi non ce l’ha.
E cosa ancora più importante: ci dice che è vitale non solo cosa vogliamo ottenere, ma anche come la vogliamo ottenere. Anzi, spesso è più importante il come. Ecco perché è fondamentale, quando ci guardiamo attorno, non scadere in facili giudizi, rimanere sulla superficie delle cose. Piuttosto dobbiamo andare a fondo e interrogarci seriamente su ciò che vogliamo e perché lo vogliamo.
Non dobbiamo cedere a dare facili etichette, quindi giudicare un concetto perché suona in un certo modo, giudicare una persona perché sembra agire in un certo modo. Piuttosto dovremmo indagare su ciò che muove la volontà delle persone e soprattutto analizzare fatti e le idee.
L’aneddoto che ho raccontato parlava di Pace: ad esempio sappiamo che quando un capo di stato parla di mantenere la pace, sta parlando di guerra. Ma di certo questo non deve farci cambiare l’idea di pace che avevamo prima e bisognerebbe tenere presente, con forza, quale sia il suo vero significato pulendolo dalle azioni di chi manipola le parole.
Così dovremmo fare con tutto.
Dovremmo cercare di rimanere puri, piuttosto che farci plagiare e raccontarci che bisogna essere realisti, accontentarsi e limitare i danni. No, abbiamo necessità di visioni nuove e mollare del tutto questo bisogno di bandiere, in senso lato, ovviamente.
Cerchiamo bandiere nuove forse ma sempre bandiere rimangono e come tali rappresentano la nostra sudditanza a un potere, a un’ideologia precostituita e questo fa parte del problema che vogliamo risolvere.
Una bandiera può essere nuova quanto vogliamo, ma è sempre un pezzo di stoffa a cui deleghiamo una parte di noi. E più deleghiamo, più rimaniamo orfani di parti di noi che verranno sostituite da istituzioni, capi, autorità, religioni, creando l’estremo bisogno di riconoscerci in valori ed idee esterne da noi, creati da altri. Sempre più soli perché in mancanza di noi stessi: non siamo più in grado di prendere uno specchio e guardarci in faccia, guardare le nostre azioni, i pensieri e le conseguenze. Capire gli ideali che ci muovono… no, noi facciamo a pezzi quello specchio e cerchiamo di vederci comunque nei piccoli frammenti disseminati, specchiandoci in piccole cose che esistono solo al di fuori di noi, che sono stronzate, non esistono! Come può essere ad esempio la nostra professione, una squadra di calcio, quel movimento, quel partito, quella nazione, quella razza.
Abbiamo troppa paura di sentirci soli in quello che crediamo essere vero… ma non c’è niente di vero eccetto quello che crediamo vero dentro di noi.
Quindi come si può delegare la verità senza renderla falsa?
Forse questo può suonare individualista e strizzare l’occhio a una visione del mondo competitiva in cui bisogna guardarsi dal prossimo, una visione resa reale dall’economia del valore e peggiorata dal capitalismo. Ma non è così. Torniamo al concetto espresso dalla storia all’inizio: cioè non è il cosa, ma il come. E’ il come ci si sente e si è individui a fare la differenza.
Il dualismo individuo-collettività non esiste perché non può esistere società degna di questo nome che non basi le sue radici sul singolo individuo completo di sé, cosciente di quello che è, singolarmente.
Esiste la collettività quando esiste l’individuo, senza individuo non c’è società, ci può essere solo omologazione, conformismo, obbedienza, ma non società, comunità. Ed è proprio questo che sta avvenendo oggi: la distruzione della società attraverso la distruzione dell’individuo. Come? Alimentando entrambi con cibo deleterio che finge di essere sano nutrimento.
L’individuo si ammala alimentato da competizione, materialismo, ego, si trasforma in vuoto individualismo. La società fa altrettanto, alimentata dal mito della razza, nazionalismo, patriottismo diventa odio verso il diverso, diventa clan, branco, piuttosto che comunità di sostengo collettivo e mutualità, aiuto verso il prossimo. Falsi ideali volti ad annichilire l’individuo e la collettività.
E allora io credo che dobbiamo rifare nostri questi concetti, reinventarli, reinserirli nel nostro sistema di idee e valori restaurandoli dalla muffa ideologica che li ha resi veleno.
Con forza dobbiamo riconoscere ciò che non ci è d’aiuto, ciò che riteniamo palesemente falso, inutile, dannoso, capire i veri motivi che lo rendono tale e avere il coraggio di applicare poi lo stesso metro a tutto ciò che abbiamo intorno, senza mezze misure, con una critica radicale, altrimenti ci impegneremo in battaglie inutili che sostituiranno solo la facciata della nostra prigione. Non si possono combattere subdole forme di totalitarismo politico, economico, sociale con altre forme totalitariste semplicemente più vecchie, più green o più soft.
Quindi abbiamo tremendamente bisogno di avere il coraggio di tagliare, uno alla volta, i tentacoli che non ci permettono di essere liberi con il coraggio della critica, del dissenso, del boicottaggio… Tutte cose che ovviamente vengono vendute e percepite come rinunce esattamente come un fumatore associa alla rinuncia lo smettere di fumare, quando in realtà di tratta solo di liberazione.
Se solo smettessimo di avere paura di essere liberi… perché è chiaro che ci stiamo cagando sotto e l’unico motivo per il quale tremiamo di fronte alla libertà è che ne abbiamo completamente dimenticato il significato e l’abbiamo sostituita con tutte le finzioni che ora cerchiamo disperatamente di proteggere, completamente assuefatti alla condizione di prigionieri da non riuscire più a far caso alla porta della cella che è completamente spalancata, proprio lì a due passi da noi.