Homo omini lupus è un’espressione latina che si perde nelle trame del tempo. Le sue radici risalgono persino a prima dell’anno zero.
Nonostante questo, la frase è talmente attuale e trasversale che può fare da ponte di congiunzione tra la fondazione delle prime città stato, dei governi, delle religioni fino all’illuminismo e al capitalismo.
In breve, l’espressione vuole suggerire come l’essere umano sia un lupo per gli altri suoi simili. E per “lupo” chiaramente non si intende l’animale lupo, con la sua reale etologia, ma quello che il lupo rappresenta nella mistificazione specista che ne dà l’essere umano stesso, ovvero un essere senza scrupoli, pericoloso, arrivista ed egoista. Così sarebbero dunque gli esseri umani allo stato di natura.
Thomas Hobbes è forse il personaggio che più, tra tutti, ha reso famosa l’espressione Homo omini lupus e ha ripreso il concetto in termini filosofici moderni gettando le basi di una ideologia che ha delineato le strutture socio-politiche dal ‘600 in poi.
Difatti, tutti i meccanismi di gestione della società, dalla religione al codice penale, si basano sull’antico assunto che l’essere umano, se non gestito da un’autorità, (sia essa di natura morale, spirituale, scientista, legale, ecc.), tenderà a sopraffare il suo simile. Occorre quindi un pastore, che sia la chiesa, lo stato, un guru, un tecnocrate, che renda la società un posto più sicuro ed equo, imponendo dei limiti alla naturale tendenza umana, normandone il comportamento, di solito attraverso premi o punizioni.
Con intensità variabile e più o meno consciamente, questo modo di giudicare l’essere umano è stato condiviso per centinaia di anni, da centinaia di diverse istituzioni e settori socio-politici che l’hanno usato come assunto cardine per il proprio operato modellando la società di conseguenza.
Tutto ciò è paradossale ed è un terrificante esempio di come il potere possa arrivare a giustificare se stesso per auto preservarsi.
Infatti, la psicologia sociale, le neuroscienze e l’antropologia hanno spiegato oltre ogni ragionevole dubbio la natura empatica dell’essere umano che è biologicamente tendente alla collaborazione e alla condivisione. Queste caratteristiche sono specifiche dell’essere umano tanto quanto lo è nuotare per un salmone o volare per un’aquila. E questo è un dato oggettivo. Biologico.
Allora perché esiste l’espressione Homo omini lupus?
Dovremmo iniziare a vedere quell’espressione per quello che è: non un assunto oggettivo da cui partire per arrivare a decidere come creare la società, le sue strutture e regole socio-politiche (che di conseguenza saranno di tipo autoritario), ma dovremmo vederla come l’invenzione che quelle stesse strutture hanno creato per giustificare la loro presenza, anzi la loro necessarietà.
Dando un’occhiata al mondo attorno a noi, vedendolo governato da guerre, arrivismo ed egoismo, potremmo essere portati a considerarlo come espressione della nostra natura. In realtà, il mondo è l’espressione di quelle strutture sociali autoritarie che ci spingono a comportarci in maniera opposta a quello che la nostra biologia vorrebbe, trasformando non solo la società in un posto peggiore, ma anche giustificando la presenza dell’autorità, del potere, che altrimenti non avrebbe ragione di esistere.
Se qualcuno non ci avesse venduto l’idea che fosse necessario difenderci dai nostri simili, non sarebbe stato possibile concepire alcuna struttura sociale di tipo autoritario che consentisse a pochi di controllare molti. Come una profezia auto-avverante, come ampiamente documentato in psicologia sociale, le strutture autoritarie hanno avuto (e continuano ad avere) l’effetto di creare comportamenti antisociali, limitando la responsabilità individuale, spegnendo la nostra naturale tendenza all’empatia e alla collaborazione, e quindi, di fatto, sono criminogene.
Effettivamente, un ambiente sociale basato su competizione e mancanza di responsabilità individuale possono spegnere la naturale inclinazione dell’essere umano e trasformarlo in un essere avido ed egoista. Tutto ciò che deve fare l’autorità per essere assolta dalla colpa di creare un sistema sociale in contrapposizione alla naturale inclinazione umana, è appunto puntare sulla propaganda. Se qualcuno si accorge di quanto il mondo sia in preda ad avidità, guerre e iniquità, oltre a continuare a dare la colpa alla menzogna sulla natura umana, si può sempre fingere di risolvere con una riforma, come se il problema risiedesse nel tipo di autorità esercitata sul popolo e non nell’autorità stessa, e quindi ci si impegnerà a votare meglio, a credere in religioni più tolleranti, a creare economie di mercato più eque o sistemi tecno-industriali più sostenibili. L’importante è che i meccanismi che garantiscono autorità e dominio non siano toccati, ma solo riformati.
In un solo magico gesto, perciò, il potere ha creato un problema e ha offerto una soluzione che in realtà genera il problema stesso, garantendosi così un’egemonia perpetua fondata sulla soppressione culturale e filosofica di quello che siamo davvero e gettandoci in un carcere a cielo aperto in cui noi stessi chiediamo di essere controllati e gestiti.