e se non ce la facessi?
se stavolta non avessi la forza della mia politica, dell’essere disponibile, la forza dell’essere forte?
può darsi abbia trovato il limite… può darsi io stavolta abdichi in favore della sorte.
continuo a chiedermi il motivo, perché sono logico e razionale fino all’estremo, e quindi mi chiedo perché una cosa brutta debba diventare ancora peggiore.
egoisticamente, lo so, non riesco più a vedere il caso che sbrana e si porta via qualcosa, così, a caso, come una legge della natura che non si deve comprendere ma solo accettare. no. comincio a vedere un attentato programmato e assassino dentro al vuoto, agli occhi della logica, come risposta al perché dopo che un amico se n’è andato io debba perderne un altro, in un altro modo, insieme alle cose che avevamo costruito assieme…
danni collaterali.
potrebbe non esserci un nesso, potrei dirmi che le cose sarebbero andate comunque così, che non ho il diritto di pensare che la sofferenza sarà duplicata, posso provare a dirmi che sono io in errore, che in fondo non è vero che la vita continua: si può anche fermare, di colpo, una brusca frenata anche se la strada è libera.
ma non basta. per quanto senso io riesca a dare al mio avversario, io non ci riesco, non ce la faccio.
la vita continua sempre, finché non finisce. e quindi perché dev’essere così difficile essere forti insieme, farci unire dalle cose brutte e dalle belle sempre e comunque, invece di finire sempre su diverse sponde del fiume dopo la ruzzolata giù dalla cascata.
per quanto senso riesca a dare ai miei pensieri so che potrebbero non averne alcuno in fondo.
è questo che odio, che non sopporto… l’inutilità alla base… e dopo tanto dire, pensare e fare, in realtà non s’è pensato, detto né fatto nulla.
il pugile si stanca anche se colpisce l’aria e non il suo avversario.
e forse è arrivato il momento di gettare la spugna…
se stavolta non avessi la forza della mia politica, dell’essere disponibile, la forza dell’essere forte?
può darsi abbia trovato il limite… può darsi io stavolta abdichi in favore della sorte.
continuo a chiedermi il motivo, perché sono logico e razionale fino all’estremo, e quindi mi chiedo perché una cosa brutta debba diventare ancora peggiore.
egoisticamente, lo so, non riesco più a vedere il caso che sbrana e si porta via qualcosa, così, a caso, come una legge della natura che non si deve comprendere ma solo accettare. no. comincio a vedere un attentato programmato e assassino dentro al vuoto, agli occhi della logica, come risposta al perché dopo che un amico se n’è andato io debba perderne un altro, in un altro modo, insieme alle cose che avevamo costruito assieme…
danni collaterali.
potrebbe non esserci un nesso, potrei dirmi che le cose sarebbero andate comunque così, che non ho il diritto di pensare che la sofferenza sarà duplicata, posso provare a dirmi che sono io in errore, che in fondo non è vero che la vita continua: si può anche fermare, di colpo, una brusca frenata anche se la strada è libera.
ma non basta. per quanto senso io riesca a dare al mio avversario, io non ci riesco, non ce la faccio.
la vita continua sempre, finché non finisce. e quindi perché dev’essere così difficile essere forti insieme, farci unire dalle cose brutte e dalle belle sempre e comunque, invece di finire sempre su diverse sponde del fiume dopo la ruzzolata giù dalla cascata.
per quanto senso riesca a dare ai miei pensieri so che potrebbero non averne alcuno in fondo.
è questo che odio, che non sopporto… l’inutilità alla base… e dopo tanto dire, pensare e fare, in realtà non s’è pensato, detto né fatto nulla.
il pugile si stanca anche se colpisce l’aria e non il suo avversario.
e forse è arrivato il momento di gettare la spugna…