Allora, a che punto siamo?
Questo è stato un periodo di grandi cambiamenti, fuori e dentro di me. Piccole e grandi cose sono mutate e altrettante sono rimaste esattamente le stesse. Qui dentro e là fuori. Che poi è esattamente lo stesso luogo.
È stato un periodo buio, difficile, che in parte perdura e potrebbe anche farlo per sempre.
Però ho avuto un’ennesima conferma di qualcosa che avevo intuito: quando splende il sole è facile per le cose brillare. Basta che riflettano la luce. Quando arriva il buio, invece, risplende solo quello che brilla davvero per il suo intrinseco valore.
Non sono mai stato tanto solo quanto nel momento in cui pensavo d’esser circondato di amore.
Non ho mai ricevuto tanto affetto e compagnia quanto nel momento in cui mi sono sentito più solo e perduto.
Mi ha sorpreso la qualità e la quantità delle persone, vecchie e nuove, che mi si sono strette a fianco. Vedo nuove energie, nuovi orizzonti, nuove storie davanti a me esattamente come le vedo davanti a tutti noi.
E’ vero, continuo a scorgere molti che invano cercano significati e colpevoli, quando io penso che i significati vanno dati, non cercati. I colpevoli non esistono, non ci sono buoni e cattivi, non ci sono etichette. Ci sono esistenze dai bordi sfumati che compenetrano gli uni negli altri. Un unico disegno che comprende tutti e accomuna il più terribile dei crimini alla più piccola mancanza che una persona commette verso se stessa.
Ogni cosa è il riassunto di qualcosa di più grande e così è all’infinito, finché la coda del serpente non ne incontra le fauci.
Oggi ho visto due persone fumare ai bordi di una strada. Uno dei due ha buttato per terra una sigaretta e l’ha spenta col il piede. L’altro, un minuto dopo, invece ha fatto cadere la cenere e conservato il mozzicone per buttarlo poi in un cestino. Davanti a questo semplicissimo gesto, il primo non ha potuto far altro che raccogliere il suo mozzicone, forse anche con un po’ di imbarazzo, per fare altrettanto.
Una scena semplice e persino un po’ banale, forse. Ma a guardare bene in questo aneddoto c’è la soluzione a tutti i problemi di questo mondo, signori e signore. Un’azione compiuta a cuor leggero, automaticamente senza pensarci, davanti ad un esempio opposto, è diventata oggetto di autocritica e di cambiamento.
La maggior parte di questo sistema è portato avanti da azioni abitudinarie, non da calcoli, ragionamenti scelte oculate. Quelle sono eccezioni. E’ l’abitudine che sta alla base delle azioni più comuni che porta il mondo ad essere un posto migliore o peggiore.
Certo, chi si è un minimo guardato attorno, ha capito che abbiamo a che fare con potentati enormi, ramificati, complicati che, inconsapevoli o no, combattono una guerra a 360° gradi contro tutto ciò che è importante per noi, assumendone il totale controllo, avvelenandolo. Combattono contro di noi sì, ma grazie a noi. Grazie al nostro consenso, al nostro conformarci.
Ecco perché cambiare le proprie abitudini, anche nel piccolo, per poi essere esempio per gli altri, è l’atto più rivoluzionario ed efficace che si possa compiere.
Non sono le rivolte, le bombe o le violenze a far cambiare il mondo. Forse riescono solo a scuoterlo per un po’, ma non sono definitive. Le azioni antisistema più clamorose possono facilmente essere fermate, controllate, arrestate, criminalizzate e fatte detestare, ottenendo il risultato opposto, arrivando a considerare l’atto di forza come il fine, non più come il mezzo, persino dagli stessi che l’hanno compiuto.
“Distruggiamo i simboli del potere” gridano molti affini al mio pensiero e visione del mondo. Io credo invece che i simboli non vadano distrutti, i simboli vanno compresi e fatti comprendere. La vera cosa da distruggere sono i meccanismi del potere e questi funzionano esclusivamente grazie a dei piccoli ingranaggi che sono proprio le nostre abitudini.
Cambiare se stessi, quindi, è riscrivere gli algoritmi che guidano le nostre azioni quotidiane, è smembrare uno dopo l’altro quegli ingranaggi. Cambiare se stessi è l’hacking definitivo al sistema.