“Fermiamo le trivelle”. “Il mare non si tocca”. “L’Italia non si trivella”. Questi sono alcuni degli slogan di chi si fa portavoce del referendum del 17 Aprile “sulle trivelle”, invitando a votare un deciso SI.
Peccato sia una colossale pagliacciata.
Con questo referendum non si dice “no alle trivellazioni” ma solo si decide se l’estrazione di giacimenti già trivellati da parte di trivelle già esistenti, a meno di 12 miglia dalla costa, continuerà dopo la fine delle concessioni a prescindere dal fatto che sia o no ancora presenza di risorse nel giacimento trivellato. Quindi c’è molta disinformazione: non si fermano le trivellazioni nel mediterraneo, non si dice no al petrolio, non si protegge il “nostro mare”, non si diminuisce l’attività delle navi da carico, non si decide nulla riguardo alla protezione dell’ambiente, all’inquinamento o allo sfruttamento delle risorse. Solo si fermano le estrazioni di siti già trivellati.
La conseguenza di un SI a questo referendum non ferma nulla: le compagnie possono tranquillamente costruire altre trivelle (a 13 miglia dalla costa anziché 12) e, paradossalmente, continuare a sfruttare lo stesso giacimento che sarebbero costrette ad abbandonare con l’aggiunta di dover di nuovo trivellare per raggiungere lo stesso giacimento. Considerando che è proprio la trivellazione ad essere la fase più inquinante e pericolosa per l’ambiente, dire SI al referendum sarebbe come incentivare nuove trivellazioni. Il tutto senza contare che lasciare un giacimento trivellato non è un’operazione semplice e priva di rischi, tutt’altro, e dovremmo quindi sperare che le compagnie costrette a lasciare il lavoro a metà eseguano l’operazione con tutti i crismi necessari… Già, le stesse compagnie che vorremmo far smettere di trivellare perché sono insensibili all’ecologia.
Ma anche lasciando da parte tutto questo, perché votare al referendum…? Per quale motivo? Per sentirsi cittadini impegnati e poi veder magari disatteso il risultato (come già successo sul finanziamento pubblico ai partiti o sul nucleare)? e poi dare la colpa ad uno schieramento politico da eliminare votando qualcun altro?
Domanda: fermiamo le trivelle? Risposta: perché?
Il motivo è che non devono trivellare entro le 12 miglia o che non devono trivellare affatto?
Se la risposta è la prima, si sposta solo il problema. Se è la seconda, dove sono i programmi energetici relativi? Pensiamo di dare una stangata al petrolio e ci sentiamo più verdi? E usciti dal petrolio rimaniamo comunque con le auto? Auto “verdi”? No, perché un’acciaieria, da sola, inquina come il traffico automobilistico di un’intera città. La questione non è il combustibile; la questione è l’acciaio, è il rame, è l’alluminio, è lo schiavismo e lo sventramento delle terre per le miniere. Queste cose non vengono mai messe in discussione, mentre sarebbero le tematiche principali di un vero discorso “verde”.
Che bello, però, poter mettere una crocetta su un foglio e sentirsi ecologici, sentirsi il cambiamento.
E tengo a precisare che questo referendum non è “comunque un piccolo passo”, non è una “speranza”, non è un “in ogni modo è un inizio”. E la mia critica non è “immobilismo”, non è “nichilismo”. E’ continuare a credere nelle false soluzioni, nelle finte critiche che è demagogia e immobilismo perché si permette al giochino del potere di non trattare mai le vere problematiche. E’ credere ai gratta e vinci del sistema che ringrazia sentitamente.
L’unica vera risposta ad un referendum su un tema così importante è NEGARE la nostra risposta, perché non c’è una risposta da dare quando la domanda viene posta con dolosa negligenza, dare una risposta significa accettare ed essere complici. Dovremmo piuttosto iniziare a indagare ed occuparci del tema seriamente. Radicalmente. Cioè nell’unico modo possibile.
Il punto focale è che questo referendum è una presa in giro, un insulto all’intelligenza, una reiterazione della finzione politica in veste di rappresentanza della volontà popolare, una pantomima creata per ammaliare e sedurre lo schiavo elettorale con il feticcio di un peso decisionale che ha smesso di avere quando ha accettato l’esistenza di un governo e di un sistema di cose che quel governo non toccherà mai.
Tutta la politica è coinvolta in questa farsa, persino le associazioni ambientaliste, ma sul piano politico tra tutti spicca il M5S che di questo referendum ne fa un baluardo di civiltà, ecologia e cambiamento. Ciò che rende il M5S più colpevole di altri è l’assurda aspettativa che purtroppo ancora molti hanno su questo movimento che finge di essere il rinnovamento politico, l’unica speranza per una vera e radicale critica al sistema quando, esattamente come tutti gli altri schieramenti funzionali al sistema, promuove battaglie dal valore pratico pari a zero, incanalando il dissenso e l’azione delle persone verso finte soluzioni.
Questo rispecchia perfettamente il vuoto decisionale che qualsiasi partito (M5S compreso) rappresenta per le persone a cui viene dato uno giocattolino con cui divertirsi e fingere, ripeto, fingere di avere un peso su qualche questione.