Il covid-19 è stato un forte scossone. Nonostante la mia condizione di salute in questi mesi, anche senza cercare, mi sono capitati davanti articoli, video e informazioni su questo tema. Capire questa pandemia porta necessariamente a riflettere sul nostro modo di vivere. Ho raccolto alcune di queste informazioni in questo testo. Sono tutte informazioni provenienti da esperti e divulgate da canali mainstream o riviste scientifiche.
> David Quamman (scrittore e giornalista scientifico, autore nel 2012 di “Spillover”) – da Il Manifesto
Nel suo libro “Spillover” l’autore esamina e indaga epidemie del recente passato e singoli episodi virali confinati in alcune lontane parti del mondo. Ha unito studi e ricerche, come si uniscono le prove di un delitto e le grida di allarme di virologi ed ecologisti. E, cercando il luogo del delitto, ne ha trovati molteplici. Questi si addensano soprattutto “là dove si abbattono gli alberi e si uccide la fauna, e i germi del posto si trovano a volare in giro come polvere che si alza dalle macerie”.
Il problema di cui parliamo è quello delle «zoonosi» ossia il trasferimento di malattie dagli animali all’uomo. Le malattie dell’uomo neI 75% dei casi sono causate da trasmissioni dagli animali che trasportano patogeni quali batteri, virus, parassiti o protozoi, e nel 60% questi animali sono di origine selvatica. In condizioni ideali, dove l’ambiente è preservato in tutte le sue funzioni ecologiche complesse, le malattie infettive sono interazioni ecologiche ricorrenti: i patogeni si manifestano e si estinguono di continuo senza provocare danni. Ma le condizioni oggi non sono più quelle ideali. Per cui da qualche decennio abbiamo a che fare con eventi zoonotici sempre più frequenti e sempre più dannosi. Dobbiamo cambiare approccio se vogliamo evitare il prossimo spillover. Invece di inseguire la malattia, bisogna evitare che si manifesti. Per fare questo bisogna frenare la fame per tutto quello che l’Homo sapiens ha sviluppato. I ricercatori parlano di «One Health», ovvero la salute dell’uomo e quella della natura sono strettamente connesse, ovvero non esiste futuro per la salute dell’uomo se non all’interno di un Pianeta a sua volta sano.
> Carl Safina (docente di Natura e umanità alla Stony Brook University e fondatore dell’organizzazione no-profit Safina Center) – dal Messaggero
Cal Safina afferma che anche l’uomo è un animale e con gli animali condivide strutture fisiche, abitudini e gran parte della genetica. Fatichiamo ad accettarlo “per due motivi principali. […] Il primo, evidente, è che ci piace considerarci speciali. Il secondo è che se noi riconoscessimo il diritto all’esistenza e alla vita degli altri animali, ciò che facciamo loro ci metterebbe in una posizione molto sconveniente. Forse perché riconoscendo agli altri una mente è più difficile abusare di loro?. […] Rivedere il rapporto con le altre specie, significa prima di tutto cambiare prospettiva e capire quanto loro siano simili a noi, e quanto noi lo siamo a loro.”
> Jane Goodall, primatologa, etologa e antropologa – da La Stampa
Titolo: <<La mancanza di rispetto per gli animali ha causato la pandemia>>
Goodall afferma che “È il nostro disprezzo per la natura e la nostra mancanza di rispetto per gli animali con cui dovremmo condividere il pianeta che ha causato questa pandemia, qualcosa che era stata prevista molto tempo fa. […] Perché mentre distruggiamo, diciamo la foresta, le diverse specie di animali nella foresta sono costrette a venire in contatto fra di loro e quindi le malattie vengono trasmesse da una specie all’altra, e il secondo animale ha quindi maggiori probabilità di infettare gli esseri umani poiché è costretto a stare stretto contatto con noi”.
Goodall punta il dito anche contro i mercati di animali selvatici ma anche contro quello che succede “nelle nostre fattorie intensive in cui raggruppiamo crudelmente miliardi di animali in tutto il mondo. Queste sono le condizioni che creano un’opportunità per i virus di saltare dagli animali attraverso la barriera delle specie verso l’uomo. […] Tutti possono avere un impatto ogni singolo giorno. Se pensi alle conseguenze delle piccole scelte che fai: ciò che mangi, da dove viene, se ha causato crudeltà verso gli animali, è fatto da un’agricoltura intensiva – che per lo più lo è – è economico a causa dello schiavismo, se ha danneggiato l’ambiente nella sua produzione, quante miglia ha percorso, se hai pensato che forse potresti camminare e non prendere la tua auto, ecc.”.
> Moreno Di Marco, ricercatore al dipartimento Charles Darwin presso Università La Sapienza – da “Indovina chi viene a cena” Rai3.
Di Marco: “La colpa non è degli animali selvatici, ma è del modo in cui l’uomo si interfaccia e utilizza queste specie, con la caccia, soprattutto insostenibile, di specie selvatiche e la distruzione dell’habitat è proprio il fattore che ci ha portato in situazioni come quella che abbiamo descritto prima [zoonosi e pandemia].”
Giornalista: “L’antivirus sarebbe quindi non distruggere gli habitat, le foreste, per sostituirle con gli allevamenti o i campi per nutrire poi gli animali allevati, […] sgretolando gli ecosistemi prendiamo le risorse ma ci esponiamo al contagio.”
Di Marco: “Le epidemie di origine animale vanno in costante aumento, negli ultimi 20 anni c’è stata la maggior frequenza. Sicuramente una delle migliori armi a disposizione, quando parliamo di pandemia, è quella della prevenzione, ovvero di evitare di distruggere gli habitat naturali […] perché la distruzione di habitat naturali, quindi per esempio la deforestazione, aumenta in maniera automatica la probabilità di contatto tra uomo e specie selvatiche, e anche tra bestiame e specie selvatiche, col bestiame che può fare da amplificatore del rischio.”
Giornalista: “Gli amplificatori che poi sono le specie allevate e sempre in aumento nonostante i segnali. […] Nel rapporto intitolato <<Questioni Emergenti>> redatto nel 2016 dall’UNEP (il programma dell’ONU che si occupa di ambiente) si legge che ogni 4 mesi una nuova malattia infettiva emerge nell’uomo. Il rapporto spiega anche le responsabilità delle attività umane perché quel 75% di tutte le malattie infettive emergenti ha, è vero, un’origine nella fauna selvatica ma il bestiame spesso funge da ponte epidemiologico fra la fauna selvatica e le infezioni umane. […] La metà di tutti gli antibiotici nel mondo continuerà ad essere impiegata per gli allevamenti e come si legge nel rapporto italiano del PNCAR sull’antibiotico-resistenz
Un articolo scientifico del 2018* pubblicato sul Lancet mostra che l’Italia conta 10 mila morti per antibiotico-resistenza all’anno, 1/3 di tutta Europa.
> Mario Tozzi, ricercatore, studioso di ambiente, geologo e divulgatore scientifico – Festival della Comunicazione di Camogli
“È indubbio che le pandemie degli ultimi anni sono determinate dalle nostre azioni scriteriate sull’ambiente, questo lo dicono le riviste scientifiche internazionali, gli articoli che mettono in luce una serie di passaggi che sono molto caratteristici. Il primo passo è la deforestazione: quando tu deforesti per far spazio ad allevamenti intensivi o alle periferie delle grandi città, in quel momento liberi gli animali che sono i serbatoi primari di questi virus. […] Quando si parla di questo non si dovrebbe fare della facile ironia sul fatto che tutto si riconduce alle nostre attività scriteriate. […] Sembra chiaro che ci sia un legame fra l’inquinamento atmosferico e la diffusione dei virus e malattie respiratorie connesse a covid-19. […] Le polveri sottili, pm10 e altri nuclei di condensazione in atmosfera causati dall’inquinamento sono un veicolo straordinario per questi patogeni e portano l’aggravarsi delle malattie respiratorie correlate, quindi l’inquinamento è strettamente legato al propagarsi di queste malattie e questi patogeni nell’aria. […] Anche qui con buona pace di chi non vorrebbe mai vedere una nostra responsabilità e dice <<Come? In passato non ci sono state pandemie, epidemie?>> Certo che ci sono state, ma il loro propagarsi è sempre dipeso dagli uomini da quando sono diventati agricoltori: i cacciatori-raccoglitori non sviluppavano tante malattie, anzi, erano in perfetta forma fisica, più alti di noi di media e naturalmente essendo molto pochi e diradati nel territorio non riuscivano a farsi trasmettere in maniera epidemica o pandemica le malattie dagli animali selvatici.”
> Estratto da The Guardian 16/04/2020
Titolo: “La pandemia di Covid-19 mostra che dobbiamo trasformare il sistema alimentare globale”
di Jan Dutkiewicz, Astra Taylor e Troy Vettese
Occhiello: “Il nostro sistema alimentare globale, orientato al profitto, incentrato sulla carne, ci sta facendo ammalare.
Abbiamo bisogno di un ripensamento radicale”
“Il principale motore delle malattie zoonotiche è l’agricoltura industriale degli animali. Quando la produzione alimentare invade gli habitat selvatici, crea opportunità per i patogeni di saltare al bestiame e poi all’uomo. L’agricoltura industriale genera anche le proprie malattie, come l’influenza suina e l’influenza aviaria, nelle fattorie infernali. E contribuisce alla resistenza agli antibiotici e ai cambiamenti climatici, entrambi i quali aggravano il problema.
Dobbiamo avere una discussione pubblica onesta su come produrre il nostro cibo. Individualmente, dobbiamo smettere di mangiare prodotti di origine animale. Collettivamente, dobbiamo trasformare il sistema alimentare globale e lavorare per porre fine all’agricoltura animale e rilanciare gran parte del mondo. Stranamente, molte persone che non avrebbero mai sfidato la realtà dei cambiamenti climatici si rifiutano invece di riconoscere il ruolo che il consumo di carne gioca nel mettere in pericolo la salute pubblica. Mangiare carne, a quanto pare, è una forma socialmente accettabile di rifiuto scientifico.”
> Qualche altro dato da ricerche scientifiche
Secondo alcuni studi*, l’industria della carne è considerata uno dei fattori primi che contribuiscono all’attuale sesta estinzione di massa.
Il rapporto di valutazione globale IPBES del 2019 sulla biodiversità e sull’ecosistema ha rilevato che le industrie della carne, dei latticini e l’overfishing sono i principali motori della crisi di estinzione.
Il rapporto del 2006 Livestock’s Long Shadow, pubblicato dalla FAO, afferma che “il settore zootecnico è uno dei principali fattori di stress in molti ecosistemi e nel pianeta nel suo insieme. Globalmente è una delle più grandi fonti di gas serra (GHG) e uno dei principali fattori causali nella perdita di biodiversità, e nei paesi sviluppati ed emergenti è forse la principale fonte di inquinamento delle acque.”
L’8 agosto 2019, l’IPCC ha pubblicato un riassunto del rapporto speciale del 2019, in cui si afferma che uno spostamento verso le diete a base vegetale contribuirebbe a mitigare i cambiamenti climatici. Secondo uno studio del 2018 sulla rivista Nature*, una significativa riduzione del consumo di carne sarà “essenziale” per mitigare i cambiamenti climatici.
Nel novembre 2017, 15.364 scienziati del mondo hanno firmato un Warning to Humanity chiedendo, tra le altre cose, di ridurre drasticamente il nostro consumo pro capite di carne. Un simile passaggio alle diete prive di carne appare anche come l’unica opzione sicura per nutrire una popolazione in crescita senza ulteriore deforestazione.
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Riflessione finale.
Queste sono solo alcune delle tantissime informazioni che mi sono capitate davanti.
A questo punto sta solo a voi pensare che possa esistere un modo di allevare animali etico e sostenibile.
Parliamo quindi di un modo etico di forzare un essere vivente a vivere in un luogo che non è il suo habitat, forzarlo a riprodursi e infine togliergli la vita quando ancora giovane (perché non si macellano animali vecchi, in genere si fa nei primi anni di vita), tutto questo per ottenere qualcosa di cui si può fare tranquillamente a meno.
Superato l’insuperabile scoglio etico, parliamo di un modo sostenibile di allevare miliardi di animali (una delle industrie più inquinanti sulla faccia del pianeta), sostenere il loro peso in termini di consumo di terra, acqua, energia e gestione delle loro deiezioni, facendolo con una logica “green” a impatto zero, con mangimi naturali, senza sovraffollamenti e senza uso di ormoni, antibiotici, magari anche senza uso di incroci genetici come quelli che hanno trasformato i polli in esseri che non riescono più nemmeno a sopportare il loro stesso peso da quanto in fretta crescono.
Ecco, sta solo a voi pensare che possa esistere tutto questo e che sia anche logico, fattibile e giusto.
Oppure potete arrivare alla conclusione a cui sono arrivati anche molti antispecisti: non può esistere un modo equo e sostenibile di trattare gli animali come fossero dei prodotti. L’allevamento etico a impatto zero è un mito perché nel momento in cui io smetto di vedere nell’altro animale un individuo e vedo solo qualcosa da poter usare, si è rotto un argine che non può che portare verso un unico destino, cioè quello dello sfruttamento e quello di un mondo al collasso a causa di quello sfruttamento.
Sia chiaro che non ho scritto questo testo perché penso ingenuamente che leggendo qualcuno si trasformi in antispecista, sono ben altre le informazioni e i ragionamenti che muovono un cambiamento del genere. Il mio intento qui era solo quello di dimostrare a quelli che ancora pensano che gli argomenti esposti siano “di nicchia”, frutto “di propaganda vegana” o che siano “estremisti”, che in realtà ormai tutto questo è di pubblico dominio e i veri estremisti sono proprio quelli che minimizzano, che non vogliono cambiare, che non vogliono rendersi conto di quello che sta accadendo, l’estremismo è aver colpevolizzato chi voleva fare sport all’aperto in tempi di epidemia e non aver detto una parola sulle file interminabili al Mc Donald‘s appena iniziata la fase 2, l’estremismo è pensare che la nostra civiltà possa continuare sugli stessi binari magari aggiustando solo leggermente il percorso. Ecco a questi individui voglio dire che sicuramente non cambierò le vostre idee perché in larga maggioranza derivano da rifiuto della realtà, propaganda, preconcetti e paura, ma per lo meno mi aspetterei che quando incontrate qualcuno che parla di questi argomenti, che magari ha fatto delle scelte nella vita che lo portano a consumare meno acqua, terra ed energia (come ad esempio comporta la scelta vegana) o che è critico verso le attività umane e cerca di divulgare questa critica, ecco almeno potete smetterla di chiedere provocatoriamente le fonti di questi dati, di provare a mettere in luce piccole ipocrisie, insomma a fare di tutto per giustificare il vostro colpevole immobilismo e la vostra colpevole ignoranza. Potete avere almeno la decenza di tacere, chinare la testa e passare oltre.
Se vi sentite in colpa, iniziate a guardarvi allo specchio: è quello che la maggior parte di seri ambientalisti, antispecisti e vegani hanno fatto.
Studi e articoli citati:
• Alessandro Cassini, MD; Liselotte Diaz Högberg, PhD; Diamantis Plachouras, PhD; Annalisa Quattrocchi, PhD; Ana Hoxha, MSc; Gunnar Skov Simonsen, PhD; et al. (2018) “Attributable deaths and disability-adjusted life-years caused by infections with antibiotic-resistant bacteria in the EU and the European Economic Area in 2015: a population-level modelling analysis”. Lancet. doi:10.1016/
• Morell, Virginia (2015). “Meat-eaters may speed worldwide species extinction, study warns”. Science. doi:10.1126/
• Machovina, B.; Feeley, K. J.; Ripple, W. J. (2015). “Biodiversity conservation: The key is reducing meat consumption”. Science of the Total Environment. 536: 419–431. Bibcode:2015ScTEn.536..419
• Williams, Mark; Zalasiewicz, Jan; Haff, P. K.; Schwägerl, Christian; Barnosky, Anthony D.; Ellis, Erle C. (2015). “The Anthropocene Biosphere”. The Anthropocene Review. 2 (3): 196–219. doi:10.1177/
• Smithers, Rebecca (5 October 2017). “Vast animal-feed crops to satisfy our meat needs are destroying planet”. The Guardian. Retrieved 3 November 2017.
• Carrington, Damian (October 10, 2018). “Huge reduction in meat-eating ‘essential’ to avoid climate breakdown”. The Guardian. Retrieved October 16, 2017.